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24/03/2020 #AURORA RACCONTA ALFIERO LATINI, L’UOMO CHE HA PORTATO JESI NEL BASKET CHE CONTA

 

Uno degli uomini più importanti nella storia dell’Aurora, senza se e senza ma. Se poi prendiamo solo i tre lustri che vanno dal 1991 al 2006, di sicuro è quello più importante. Per i campioni portati a Jesi? Non basta. Per le vittorie? Ci si avvicina, ma è ancora riduttivo. Alfiero Latini ha portato la mentalità vincente nella città di Federico II. Imprenditore locale, artefice di quella Sicc Cucine che non troppi anni fa è stata costretta a chiudere, Latini è stato l’Aurora negli anni della grande scalata, mettendoci passione, dando tutto se stesso (forse anche più) e rispondendo sempre con un sorriso e un pensiero affettuoso per tutti.

La storia d’amore con l’Aurora nacque nel 1992, quando Latini decise di investire in quella realtà che, solo due anni prima, era tornata in Serie C e aveva cominciato a incuriosire e appassionare gli jesini. Dopo due stagioni di assestamento, fu proprio il suo patron a pronunciare le parole chiave che segnarono la svolta: “Basta, io ora voglio vincere”. Da quel momento l’escalation fu feroce quanto fenomenale, con Latini che garantiva il massimo supporto, emotivo ed economico, a tutta la società, a partire da chi la squadra la costruiva e la guidava. La promozione in B2, poi quella in B1, fino all’apoteosi della finale con Bergamo, quella del canestro-non canestro di Martina in gara-2 di fronte ai 4000 spettatori dell’allora Palas di Via Tabano. E quel derby contro Fabriano, messo nel mirino da Latini qualche anno prima, quando la strada da fare era ancora tanta, che finalmente si palesava.

 

Proprietario competente e innamorato di quella che era diventata anche la sua creatura, Alfiero Latini, dopo averla portata fino alla A2 e aver manifestato la volontà di non fermarsi, la salvò da dal baratro: nell’estate del 2002, appena due anni prima del celebre maggio 2004, l’Aurora rischiò seriamente di cadere in difficoltà economiche difficili da superare, una condizione in cui soltanto la sua risolutezza, la sua forza di volontà e il suo amore poterono salvarla, regalando a Jesi una storia che dura tutt’ora. E che, negli anni, ha visto passare fior fiori di giocatori, sfiorando più volte il successo e ingoiando anche diversi bocconi amari da digerire ma senza arretrare mai di un passo.

 

Di tutti quegli anni, però, il ricordo più forte e bello, probabilmente, rimane quella stagione 2003/04 che ha segnato il punto massimo della storia gialloverde, quei due colori ai quali proprio Latini era legatissimo. Quell’anno, con i soli Rossini e Rocca confermati, la Sicc allestì una squadra fenomenale, con talenti come Blizzard, Robinson e Singleton, gli alfieri, è proprio il caso di dire, che portarono Jesi in Serie A. E confermarono l’ennesima profezia vincente di patron Latini: “Contro Bologna vinceremo 3-0!”. Alla fine, anche in quel caso, ebbe ragione e l’apoteosi fu completa.

 

Peccato soltanto che la permanenza in Serie A durò appena l’arco di 10 mesi, un periodo intensissimo, fatto di grandissime gioie, come la vittoria a Pesaro o come il trionfo contro la Montepaschi Siena campione d’Italia in carica con Recalcati in panchina (sì, ancora lui!), ma culminato in un epilogo amarissimo, anche per com’è arrivato. Era l’inizio della fine di questa storia d’amore: l’anno dopo, infatti, Latini rilanciò il suo impegno anche in A2 ma fu costretto a dire basta per le sue condizioni di salute. Le troppe emozioni lo tradirono e anche lui alzò bandiera bianca. Eppure non poteva essere una fine totale: l’Aurora, grazie all’impegno di società e tessuto economico locale, superò anche quella bufera e lui, immancabilmente, ha continuato a occupare il suo posto, nelle poltroncine, al palazzetto. Perché certi amori non finiscono mai.

 
 

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