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06/04/2020 #AURORA RACCONTA GLI STRANIERI DEL CUORE, JEFF BROOKS E MICKEY MCCONNELL

 

Si rimane nel 2012. Torniamo, ancora una volta, a parlare di quell’anno perché, come da voi segnalato, in maglia Aurora si è vista una delle coppie di americani migliori degli ultimi dieci anni. Bastano i nomi, Jeff Brooks e Mickey McConnell per rievocare giocate che sono rimaste impresse nella mente. Arrivati entrambi da rookie, restarono a Jesi un solo anno a deliziare il pubblico arancioblù; eppure, per entrambi, fu il trampolino di lancio. E, riguardandoci alle spalle, non era così scontato.

 

Se McConnell non ebbe problemi, anzi soltanto una crescita esponenziale dal giorno del suo arrivo a quello in cui salutò le Marche, per Jeff Brooks l’adattamento fu tutt’altro che semplice. A dir la verità nemmeno firmarlo fu così scontato: l’ala italo-americana, infatti, aveva già firmato un contratto a cifre alte con una formazione belga, ricorda la dirigenza jesina; sapendo dell’interesse dell’Aurora, però, vista l’alta considerazione di Jesi nella crescita e valorizzazione degli americani, Tobin, il suo procuratore dell’epoca, si rimangiò l’accordo dirottandolo in riva all’Esino e facendo così scoccare l’amore tra Brooks e l’Italia.

 

Un rapporto che, però, non iniziò nel migliore dei modi. Jeff, infatti, ci mise del tempo prima di adattarsi, soffrendo oltremodo il jet leg al punto che, per 15 giorni, non riuscì né a dormire né a mangiare. E, in piccola parte, ne risentì anche il suo rendimento in preparazione: non è un mistero, infatti, che dopo un’amichevole a Fabriano, la dirigenza arancioblù sollevò più di un dubbio. A prendere le sue difese e far ricredere la società ci pensò anche capitan Maggioli, aiutando il suo compagno in difficoltà ma rendendosi conto delle potenzialità del giocatore. E Michele non sbagliò: da quel momento Brooks iniziò la sua ascesa che, negli anni a venire, l’avrebbe portato a vestire le maglie di Cantù e Caserta, a vincere lo scudetto con Sassari e l’Eurocup con Malaga, fino al suo approdo a Milano e alla convocazione in Nazionale.

 

Sì, proprio l’Italia. Perché il nostro Paese, oltre a lanciarlo cestisticamente, gli ha fatto trovare anche la persona giusta per lui. Tutto partendo da quella stagione in cui deliziò i tifosi jesini a suon di punti, rimbalzi, salti pazzeschi, come quello contro la Fortitudo, e vittorie incredibili in cui il suo talento è stato decisivo. Come in quel 2-0 stagionale contro Forlì dove Brooks fece pentole e coperchi e capitan Maggioli suggellò la vittoria a tempo scaduto con i due liberi decisivi dopo un fallo subito da Casoli. In tutto ciò una parte del merito va anche ai suoi compagni che sapevano sempre come e dove pescarlo.

 

Detto di Maggio, considerata, ovviamente, la sapienza cestistica di Hoover, una grossa mano e un grande apporto arrivò anche da Mickey McConnell. Il piccolo playmaker bianco, nipote di quel Dick che detiene ancora il record di vittorie all’Arizona High School, infatti, fu un’altra colonna per l’Aurora, producendo tanto offensivamente sia per sé che per i compagni (finì nelle top ten complessive sia per punti segnati che per assist). Scorribande, cambi di ritmo, un arresto e tiro velocissimo quanto imprevedibile, questo era McConnell, senza dimenticare l’intelligenza cestistica, definita dall’ex jesino Sambugaro (ai tempi GM della Copra Morhpo Piacenza), fuori dal comune.

 

Già, proprio Piacenza, la squadra contro cui McConnell sfoderò una prestazione balistica incredibile, siglando 37 punti in altrettanti minuti sul parquet e tirando con un eloquente 13/19 da tre punti. Una partita, quella, che si ricorda bene anche l’head coach aurorino Marcello Ghizzinardi, ai tempi vice allenatore di Fabio Corbani, spiegando quanto fosse difficile adeguarsi a una squadra con così tante bocche da fuoco.

 

Anche per McConnell Jesi fu soltanto il punto di partenza: dopo l’esperienza all’allora Fileni BPA, infatti, l’anno successivo iniziò a girare per l’Europa passando da Verona, da Bonn, da Chalon, Oldenburg e Pau. Prima di dire basta e di accettare, appena lo scorso luglio, la proposta dell’università di Saint Mary’s, sua alma mater, per ricoprire il ruolo di assistant coach. E pensare che, nel 2011, fu persino scelto al draft, ma non in NBA, bensì nella MLB di baseball, lo sport caro a suo fratello e che anche lui aveva praticato.

 

Tante giocate, tante belle vittorie e due americani che, vicino ai confermatissimi dalla stagione precedente, hanno deliziato il pubblico e fatto gioire l’Aurora, dalla Coppa Italia ad alcuni scalpi clamorosi. Peccato solo che sia mancata la ciliegina sulla torta, la qualificazione ai playoff, sfumata nelle ultime giornate con Jesi che si è vista superare in extremis. Nonostante tutto, però, i tifosi si ricordano ancora di quella coppia di americani che, come poche altre, tanto impressionò.

 
 

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